I microbi dell’intestino possono ostacolare la crescita dei tumori

La scoperta di nuovi farmaci immunologici efficaci per la cura di alcuni tumori (melanomi, alcuni tipi di tumori polmonari e della mammella e forse altri) sta generando un grande entusiasmo in ambiente oncologico: si tratta di anticorpi capaci di bloccare l’inibizione delle reazioni immunitarie che normalmente segue la loro attivazione (anticorpi anti PDL1). È ancora problematico stabilire quali tumori siano sensibili a questo trattamento e quali no, ma pare che la terapia abbia più successo se i tumori sono infiltrati da speciali cellule del sistema immunitario, i linfociti T CD8+.

È ragionevole ipotizzare che potenziare l’infiltrazione del tumore da parte di questi linfociti possa aiutare la terapia.
Sivan et al. (2015 Science 350:1084) hanno iniettato particolari cellule di melanoma in topi dello stesso ceppo provenienti da due allevamenti diversi (TAC e JAK). La crescita tumorale era maggiore nei topi TAC che nei topi JAK, e questi ultimi presentavano una più spiccata infiltrazione di linfociti T nel tumore. Ma se si allevavano TAC e JAK nella stessa gabbia anche i topi TAC si ammalavano meno, verosimilmente perché la promiscuità favoriva la contaminazione dell’intestino dei TAC con i batteri dell’intestino dei JAK ( i topi sono coprofagi). Infatti, iniettando un campione delle feci dei JAK nell’intestino dei TAC si osservava la stessa protezione, mentre trattando i JAK con antibiotici si toglieva loro la protezione. Il trattamento dei topi con l’anticorpo anti-PDL1 era efficace solo nei JAK senza antibiotici e nei TAC contaminati con feci JAK.
La differenza fra topi TAC e JAK era che l’intestino di questi ultimi era molto più ricco di bifidobatteri. La somministrazione di bifidobatteri per via orale ai TAC conferiva la stessa protezione della somministrazione di feci JAK. Ulteriori indagini mostrarono che i bifidobatteri attivavano i linfociti T CD8.

Molte disbiosi intestinali dell’uomo sono caratterizzate da una carenza di bifidobatteri intestinali. Per favorirne la crescita è importante che nella dieta ci sia il loro cibo, le fibre vegetali, in particolare un certo tipo di fibre, i cosiddetti frutto-oligosaccaridi (FOS), che noi non sappiamo digerire ma che i bifidobatteri apprezzano molto.

Sono ricchi di FOS i topinambur, la radice del tarassaco e, ma in concentrazioni molto più basse, porri e cipolle. Meglio assumere i topinambur inizialmente in dosi molto piccole, perché se non ci sono bifidobatteri nell’intestino possono causare una fermentazione con grande produzione di gas.

Anche l’azione di un altro farmaco immunologico usato nel melanoma, l’Ipilimumab, un anticorpo che blocca l’inibizione delle cellule T, è favorita da certi batteri intestinali. Nei topi senza batteri intestinali, infatti, è inefficace (Vétizou M et al. 2015 Science 350:1079).

È ragionevole ipotizzare che una ricchezza e una varietà di batteri intestinali potrebbe essere protettiva anche nell’uomo. Per favorire una ricca biodiversità di batteri è utile mangiare una varietà di cibi vegetali freschi, crudi e non sterilizzati con procedure di conservazione (come il lavaggio con cloro o il trattamento con raggi gamma) e ridurre il consumo di antibiotici.