Ridurre la mortalità con la preghiera?

Il 16 Maggio 2016 i colleghi della Harvard School of Public Health hanno pubblicato un’analisi del loro grande studio prospettico sulle infermiere americane circa la relazione tra la frequentazione di funzioni religiose e la mortalità. 14.158 avevano riferito di andare in chiesa più di una volta a settimana, 30.410 una volta a settimana, 12.103 meno di una volta a settimana e 17.872 di non andarci mai.

Nel corso di 16 anni sono stati registrati 13.537 decessi. Le più assidue frequentatrici di servizi religiosi mostravano in generale meno sintomi depressivi ed erano più spesso sposate e non fumatrici, ma l’analisi statistica ha tenuto conto di queste differenze e inoltre delle differenze di età, indice di massa corporea, esercizio e performance fisica, stato menopausale, trattamenti ormonali, ipertensione, dislipidemie, diabete, stile alimentare, reddito, scolarità del marito, e indicatori di supporto sociale.

A parità di tutti questi potenziali fattori di rischio, per le grandi frequentatrici di funzioni religiose è stato registrato un rischio di mortalità ridotto del 33% rispetto alle infermiere che non mettevano mai piede in chiesa. Quelle che frequentavano la chiesa una volta a settimana hanno visto il loro rischio di mortalità ridursi del 26% e le frequentatrici meno assidue del 13%.

Se si considera che molte persone vanno in chiesa solo per convenienza sociale o per abitudine, è possibile che la protezione associata alla devozione religiosa sia significativamente maggiore. Gli autori dello studio non fanno ipotesi sui possibili meccanismi biologici che potrebbero spiegare la protezione, ma è ragionevole ipotizzare che la preghiera, come la meditazione, agisca riducendo uno dei principali fattori di rischio delle malattie croniche, lo stato infiammatorio cronico.