La responsabilità sulla nostra salute
Ho vissuto negli anni del grande rivoluzionamento della medicina.
Da bambino ho conosciuto i medici condotti di una volta, quelli che venivano a visitarti a casa, ti misuravano la febbre, ti guardavano la lingua, ti auscultavano i polmoni e dicevano alla mamma di tenerti a digiuno.
Quando sono nato la penicillina era in uso solo da due o tre anni e aveva già salvato molte vite.
Poi vennero altri antibiotici, il cloramfenicolo, le tetracicline e molti altri farmaci e cominciarono a vedersi gli effetti dannosi… fino all’attuale tsunami di farmaci per ogni malattia, per ogni minimo fastidio che i medici un tempo trattavano con il digiuno o con una dieta sobria.
Il successo della farmacologia è stato accompagnato dal successo commerciale di farmaci inutili e dannosi di cui è difficile liberarsi.
“Anche con la massima attenzione non è possibile avere gli organi in stato perfetto – scriveva Maimonide, il grande medico di Cordoba nel XII secolo, nella sua ‘Guida alla buona salute’ (Anhagot Habriut) – La natura [il cibo naturale e l’esercizio fisico] porterà ogni cosa in ordine in breve tempo.
Non bisogna prendere rimedi, perché, facendolo, si danneggerà il corpo e la situazione peggiorerà, oppure, se il sintomo scomparirà, si abituerà il corpo a non funzionare senza assistenza dall’esterno. “
Penso ai prazoli per il reflusso gastroesofageo, al gaviscon (ma non ti chiedi perché ti brucia lo stomaco?), al paracetamolo per ogni linea di febbre, al cortisone per ogni minimo arrossamento, agli antibiotici prescritti per telefono, alle statine prescritte senza chiedere cosa mangia il paziente, all’eutirox prima di chiedersi cosa stadanneggiando la tiroide, alle innumerevoli medicine per l’emicrania, all’inevitabile lexotan per istupidire i vecchi…La sanità ci ha dato il diritto a tutte queste cose spacciandolo per diritto alla salute.
Riprendiamoci la responsabilità della nostra salute. Nel libro “Fermare il Tempo” do dei suggerimenti per come fare.
La vecchiaia, un mercato
Oltre il 90% delle persone anziane prendono quotidianamente farmaci, spesso molti farmaci per controllare malattie o fattori di rischio, senza contare i sonniferi, tranquillanti e antidepressivi.
I vecchi sono diventati un mercato immenso, la medicina è diventata un mercato immenso. L’insegnamento della medicina è sempre più esternalizzato all’industria farmaceutica.
I medici hanno perso la libertà di curare secondo scienza e coscienza. La pubblicità dei farmaci da banco, quelli che non richiedono ricetta medica, nei caroselli televisivi è martellante.
Ho assistito agli anni più entusiasmanti della storia della biologia e della medicina, dalla scoperta del DNA, alle rivelazioni di come funzionano le nostre cellule, all’epigenetica.
Ho assistito allo straordinario sviluppo delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche: ecografia, tomografia assiale computerizzata (TAC), risonanza magnetica nucleare (RMN), tomografia a emissione di positroni (PET), radiologia interventistica, trapianti di organi, chirurgia robotica.
Grazie alle tecnologie e ai farmaci, la speranza di vita, nei miei sessant’anni di frequentazione della medicina, è aumentata di oltre 15 anni! Un grande successo che ha ingigantito il mercato dei vecchi.
Il business sono i farmaci che tengono in vita e non guariscono, la cronicizzazione delle patologie che richiede trattamenti a vita.
Oggi che noi anziani siamo quasi un quarto della popolazione consumiamo l’80% dei costi della sanità: siamo noi che manteniamo alti i consumi contribuendo alla crescita e all’economia del paese.
La prevenzione in ostaggio
Anche la prevenzione è ipermedicalizzata e ostaggio del mercato: diagnosi precoce, vaccinazioni, integratori, tutto quello che rende. Mentre non rende il non ammalarsi, e se non rende non lo si promuove.
L’intemperanza farmacologica e preventiva si estende a tutte le età, ai bambini che non possono difendersi, agli adolescenti iperattivi, alla gravidanza, agli adulti affetti da sovrappeso e disfunzione erettile, alla menopausa, alla vecchiaia.
Un filo occulto lega l’industria alimentare che fa ammalare, l’industria dei farmaci che curano per non guarire e la medicina serva di troppi padroni, in primis della finanza.
Dobbiamo investire di più in sanità – ricordava il professor Monti quando era al governo- perché la sanità è la più grande industria nazionale, un contributo essenziale al PIL.
La nuova rivoluzione: non ammaliamoci
Ci vuole un nuovo rivoluzionamento, quello di non ammalarci, e questo dipende in gran parte da noi, dalla Grande Via per la longevità in salute, longevità che dovrà essere non solo dignitosa, ma anche sensata: la via del cibo, del movimento e della spiritualità.
Nella consapevolezza che abbiamo diritto alla assistenza sanitaria, ma non alla salute. Questa è in gran parte nostra responsabilità.