La pesantezza del corpo
Siamo appesantiti. Nel corpo, nel girovita, nelle spalle, nei pensieri, nel vivere; dalla sofferenza, dalla noia, dalla mancanza di fiducia, di prospettive, dalla solitudine, dal non vedere il senso della vita.
La pancia gonfia, le ginocchia che fanno male, la periartrite, la cacca che non facciamo da tre giorni, la sciatica, il pensiero dei genitori anziani, la mamma che non c’è più con la testa, la badante che va in vacanza, il figlio che non studia, le bollette da pagare, il dubbio se conviene di più TIM o Vodafone.
Più che il disagio fisico, la pesantezza e i dolori del corpo, il troppo lavoro – oltre ai figli, al marito, ai genitori, ai suoceri – quello che appesantisce sono la fatica mentale, morale, il piombo delle preoccupazioni, dell’insoddisfazione. Magari, se mi ammalassi, potrei occuparmi finalmente di me.”
(testo tratto da “Il mandala della vita”, F. Berrino e E. Bortolazzi, Mondadori 2018)
Il digiuno come pratica spirituale
La procedura base per la purificazione, presente nelle tradizioni di tutti i popoli, è il digiuno. Tutte le tradizioni sapienziali hanno suggerito il digiuno come strumento di purificazione.
Daniele ha digiunato dalle carni e dai cibi raffinati per 21 giorni prima di ricevere la visione,4 Gesù ha digiunato 40 giorni nel deserto prima di sconfiggere la tentazione del diavolo, Siddharta ha digiunato a lungo prima di raggiungere l’illuminazione. I musulmani digiunano dall’alba al tramonto durante il mese di Ramadan, e la tradizione dice che dopo il tramonto si debba mangiare solo un dattero, perché così faceva il profeta Maometto. I greci ortodossi si astengono dal consumo di cibi animali per 40 giorni a Natale, 48 giorni a Pasqua e 15 giorni all’Assunzione. Gli ebrei digiunano il giorno di Yom Kippur. Gli induisti praticano vari giorni di digiuno durante Shraavana, il mese sacro. La religione cattolica prescriveva il digiuno il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo, l’astinenza dalle carni settimanale (il venerdì secondo la tradizione) e a Pasqua si praticava il digiuno cosiddetto “delle campane” (si smetteva di mangiare il giovedì santo per riprendere quando suonavano le campane la domenica mattina).
Digiunare significa ricordarci che “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, e nel Corano: “O voi che credete! Vi è prescritto il digiuno […] nella speranza che voi possiate divenire timorati di Dio”.
Oltre ad avere questi significati spirituali, il digiuno è una pratica di rispetto del corpo: mette a riposo tutti gli organi, concede loro una sorta di vacanza, di pausa dal lavoro, di tempo affinché si dedichino al proprio riequilibrio, alla rigenerazione.
Oggi, nel mondo occidentale, la pratica del digiuno è stata quasi completamente dimenticata.
Digiunare è considerato un atto impegnativo, difficile, ma non è necessariamente così. Introducendolo gradualmente nella nostra vita diventa un’abitudine sostenibile.
Il digiuno più semplice è quello serale. L’indicazione del Budda era che dopo il pasto di mezzogiorno non si mangiasse più fino al mattino successivo, come avviene ancora nei monasteri buddisti sull’Himalaya, dove si beve una tazza di tè con burro di yak verso metà pomeriggio e si digiuna fino al mattino successivo.
(testo tratto da “Ventun giorni per rinascere”, F. Berrino, D. Lumera, D. Mariani, Mondadori 2018)
La soluzione? Il digiuno. Il digiuno dagli alimenti pesanti, dai pensieri pesanti, dai veleni emozionali, dalle abitudini di vita sedentaria.”
Il digiuno come rimedio naturale
Tutti i popoli del mondo, tutte le grandi tradizioni spirituali, hanno promosso pratiche di digiuno, per ragioni religiose, devozionali, salutistiche, disintossicanti, e per aumentare l’acume intellettuale. Anche la medicina, prima del trionfo dei farmaci per ogni disturbo, ha utilizzato il digiuno come terapia.
Il nostro organismo è progettato per sopportare tempi anche lunghi di digiuno, che sono stati spesso necessari, nella storia dell’umanità, per superare periodi di mancanza di cibo mantenendo una mente vigile per procurarselo.
Le nostre cellule vivono normalmente bruciando glucosio per produrre l’energia necessaria alle loro funzioni. A riposo l’organo che consuma più glucosio è il cervello.
Nei primi due giorni di digiuno l’organismo consuma tutte le sue riserve di glucosio, poi comincia a consumare i suoi grassi. In questa fase si producono corpi chetonici, sostanze simili all’acetone che costituiscono un ottimo nutrimento per le cellule nervose e un discreto nutrimento per cuore e muscoli. Non viene a mancare quindi l’energia necessaria a mantenere viva la nostra mente, anche per consentirle di trovare cibo.
I benefici del digiuno: l’autofagia
Praticando il digiuno si attiva un programma di sopravvivenza delle cellule, detto autofagia, letteralmente ‘mangiare se stessi’, per cui le cellule sopravvivono consumando tutto quello che al loro interno non è indispensabile per la sopravvivenza: organelli intracellulari mal funzionanti o non essenziali e depositi di proteine mutate e altro materiale di scarto che ostacola il buon funzionamento delle cellule.
Si ipotizza che l’autofagia protegga dalle malattie neurodegenerative, come la demenza di Alzheimer o il morbo di Parkinson, caratterizzate da depositi di proteine anomale nel sistema nervoso.
Nel digiuno, inoltre, le cellule, per risparmiare energia, rallentano la proliferazione cellulare, ostacolando la crescita di eventuali cellule tumorali.
Studi clinici hanno dimostrato che è utile praticare brevi digiuni, come saltare la cena o trascorrere un intero giorno senza mangiare, e saltuariamente si possono fare digiuni più prolungati, di una settimana o due, astenendosi da tutti i cibi calorici, ma bevendo abbondantemente acqua, tè, tisane.
Dopo i primi giorni, che possono essere difficili, si sperimenterà un gradevole senso di leggerezza. L’agopuntura su alcuni punti chiave aiuta a superare eventuali malesseri dei primi giorni. Quando si riprende a mangiare dopo lunghi periodi di digiuno è bene iniziare con solo brodi di verdure senza sale nelle prime 24 ore, e con piccole porzioni di cibi molto delicati nel secondo giorno.