Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
“Ho lavorato come donna di servizio per il figlio di Carl Gustav Jung, Andreas, e mi sono presa cura dei suoi bambini come fossero i miei… qualche volta passeggiavamo nel giardino e ogni tanto vedevo il vecchio signor Jung che camminava e mi sorrideva… Adele scriviamo una lettera al signor Andreas? Chissà se si ricorda di me??”
Tracce di un’identità lavorativa che si è disintegrata come un foglio di carta che ha preso troppo sole e troppa pioggia… la signora Luisa mi guarda con occhi pieni di luce, come se con una lettera potessimo riportare in vita quegli anni in cui lavorò al servizio del figlio di uno dei più grandi padri della psicoanalisi.
Era il nostro appuntamento mensile, scrivere qualche riga, spedire la lettera (eh sì, quando lavoravo in Rsa si usava ancora spedire le lettere… sto invecchiando anch’io!?) e attendere pazientemente e con un po’ d’agitazione la risposta del signor Andreas. Osservando la signora Luisa capivo che quel momento era per lei importantissimo, altro che fare un colloquio con la psicologa, lei voleva fare un colloquio con se stessa… facendo un balzo di cinquant’anni per tornare lì, nel giardino di casa Jung.
Il resto del tempo lo sguardo della signora Luisa era spesso perso nel vuoto, annoiato dalle routine della residenza in cui viveva insieme ad altri ottantanove anziani.
Spesso mi capitava di osservarli quei corpi avvizziti, rinsecchiti come le foglie autunnali, che perdono la linfa e si colorano per poi abbandonarsi a Madre Terra, proprio come questi anziani pensavo, che stanno aspettando di morire… tante cose dentro e fuori di loro sono già morte: gli affetti delle persone care, “sì ci sono i figli e i nipoti, ma hanno la loro vita”, mi ripetevano spesso, luoghi tenuti vivi solo grazie ai ricordi… e ora si ritrovano in un luogo spesso vuoto per loro, che noi operatori cercavamo di colmare, ma quando arriva il buio e tante luci si spengono si ritrovano nella loro solitudine.
Parlo delle persone che vivono in Rsa ma anche delle persone anziane che vivono a casa, sole, mentre intorno a loro la vita scorre troppo veloce e loro sono troppo lente e cadono se cercano di rincorrere quella vita, e poi spesso arriva la malattia che bussa alla porta e inchioda le persone anziane a crolli nel corpo e nello spirito, smarrimenti, pesantezze e pensieri ingombranti, il senso di fragilità e di vulnerabilità è fortissimo, eppure…
L’inverno porta con sé la forza e la lentezza della vita che rinasce
Il messaggio più autentico e forte che ho ricevuto dagli anziani è proprio quello di ridare vita e qualità agli anni.
Il primo passo per fare ciò è accettare il processo di invecchiamento come una fase fisiologica e psicologica della nostra esistenza terrena. Significa comprendere che ci sono dei cambiamenti importanti: la perdita dell’identità lavorativa, i cambiamenti nelle relazioni (la vedovanza, il diventare nonni), gli interessi che cambiano, la casa che si svuota di persone e si riempie di oggetti. Accogliere le stagioni più profonde, l’autunno e l’inverno, accettando che l’estate e la primavera si possono riattivare nella quotidianità, adottando uno stile di vita sano, gioioso e flessibile.
Nella terza e quarta età è possibile dedicarsi maggiormente a se stessi, per amor proprio e non per egoismo: i figli sono cresciuti e i nipoti diventano spesso un allenamento a stare nella primavera e soprattutto nell’estate della vita! Ricominciare a giocare, a prendersi in giro, a fare finta che… i bambini sono dei grandi maestri in questo!
Reinventarsi la vita scoprendo nuove passioni, facendosi guidare dall’istinto o da attività che sono state sempre rimandate per impegni lavorativi e familiari. Purtroppo esiste un pregiudizio legato alle fasi autunnali e invernali della vita: “cosa pretendi alla tua età?” e automaticamente l’anziano diventa una persona che non potrà più migliorare, che non ha più niente di interessante da dire.
Eppure, nei nostri eventi con La Grande Via ho visto con i miei occhi persone riprendere in mano la loro vita, applicando quel concetto fondamentale della fisica che riguarda la capacità dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi e che a livello psicologico equivale alla capacità di resistere e reagire di fronte alle avversità: la resilienza.
Nell’articolo scritto da una nostra carissima associata Paola Pastacaldi, che commenta il documentario di Caterina Borelli La storia di una casa e di mio padre, emerge chiaramente il
concetto di resilienza. Scrive Paola: “è vero che l’anziano morirà, ma finché è vivo le sue capacità mentali possono mantenersi attive e vivide, consentendogli persino una ristrutturazione delle mappe cerebrali e un miglioramento delle funzionalità mentali attraverso varie esperienze di apprendimento.
È la scienza recente a sostenerlo: il cervello può plasmarsi ed essere elastico anche a novant’anni, ovvero l’apprendimento non ha età.”
Apprendere, essere curiosi di conoscere, mantenere la mente attiva e impegnata, intessere nuove relazioni, sperimentare attività nuove… ecco come mantenere la primavera e l’estate nelle stagioni più fredde e buie della vita.
Così si apprezzeranno ancora meglio la lentezza, il silenzio ed il raccoglimento perché l’inverno sappiamo che ci richiama a questo, eppure contiene già le gemme e i semi della nuova primavera che verrà.