Continueremo a consumare soft drinks?

Continueremo a consumare soft drinks?
di Franco Berrino

L’amore per lo zucchero e per il dolce è ben più forte dell’amore coniugale. La gente divorzia e si separa, ma non riesce a lasciare lo zucchero, il dolce.
René Levy, citato da Bruno Sangiovanni

in Conversazioni sulla macrobiotica
(Franco Angeli, 2018).

Oggi persino il mondo medico, pervicacemente restio a considerare il rapporto fra cibo e salute, si è reso conto della gravità dell’esagerato consumo di zucchero che caratterizza le nostre civiltà: i cardiologi americani, la potentissima American Heart Association (AHA), dopo aver rivisto tutti gli studi su zucchero e salute dei bambini (lo zucchero è causa di obesità, ipertensione, dislipidemie, diabete, carie dentali) ha raccomandato (Vos. B. et al., Added Sugars and Cardiovascular Disease Risk in Children: A Scientific Statement From the American Heart Association in «Circulation» 2017):

1) di non dare zucchero ai bambini nei primi due anni di età;
2) che, in seguito, lo zucchero non sia più del 5% delle calorie totali consumate (circa 4-5 cucchiaini al giorno, quindi meno di un bicchiere di una bevanda zuccherata industriale);
3) che il consumo di bevande zuccherate non superi una lattina a settimana.

Una collega pediatra di Catania, che ha fatto un’indagine sul consumo da parte dei bambini della scuola primaria, ha riscontrato che il 97% dei bambini bevono bevande zuccherate quotidianamente.
In Italia il consumo medio a persona di bevande zuccherate è di 53 litri all’anno, pari a 145 cm3 (quasi due terzi di lattina) al giorno.
Una dozzina di studi prospettici hanno coerentemente riscontrato che le bevande zuccherate sono una causa importante dell’obesità infantile. Le altre cause sono le patatine, i salumi, l’eccesso di proteine nella dieta, le farine raffinate. Le bevande dolcificate artificialmente non influenzano l’obesità, ma non sono meno pericolose, perché aumentano il rischio di dismetabolismi, di diabete e di malattie cardiache.

Per gli adulti i limiti raccomandati dall’AHA per gli zuccheri aggiunti nella preparazione dei cibi o direttamente a tavola sono:
non più di 100 calorie al giorno per le donne (pari a 5-6 cucchiaini);
non più di 150 calorie per gli uomini (9 cucchiaini; si consideri che una lattina di bevande zuccherate ne contiene mediamente 8).

Recentemente i grandi studi prospettici che seguono centinaia di migliaia di persone dei Paesi occidentali che hanno compilato questionari sul loro consumo alimentare hanno analizzato l’influenza del consumo di bevande zuccherate o dolcificate artificialmente sulla mortalità e sul rischio di sviluppare neoplasie.
Lo studio EPIC, che nei primi anni ’90 ha reclutato 500.000 persone in Europa, ha documentato che:

la mortalità di chi beve 2 o più bicchieri al giorno di soft drinks, a parità di età e di tutti gli altri fattori noti che influenzano la mortalità, è del 17% più alta di chi non ne beve o ne beve meno di una al giorno.
La categoria intermedia (da 1 a 2 bicchieri al giorno) ha un rischio aumentato del 10%. Si tratta di differenze statisticamente molto significative (P<0.001) e il rischio è più alto per chi consuma prodotti dolcificati artificialmente

(Mullee A et al. 2019 JAMA Intern Med september 3).

Lo studio sui lavoratori della sanità condotto dall’Università di Harvard negli Stati Uniti ha riscontrato un aumento costante della mortalità in funzione della quantità di bevande zuccherate consumate: +3% per un consumo limitato a 4 bicchieri al mese, +10% per 2-6 bicchieri a settimana, +20% per 1-2 bicchieri al giorno, +30% per 2 o più bicchieri al giorno.
Per quanto concerne le bevande dolcificate artificialmente un rischio significativo di morte (+20%) è presente solo per chi ne consuma 2 o più bicchieri al giorno

(Malik V.S. et al., Long-Term Consumption of Sugar-Sweetened and Artificially Sweetened Beverages and Risk of Mortality in US Adults in 2019 «Circulation», 2019).