Consumo di carni rosse e rischio di ammalarsi di cancro

Cari associati e amici de La Grande Via,

il dott. Franco Berrino chiarisce le ultime notizie della stampa in merito alla correlazione tra il consumo di carni rosse e il rischio di ammalarsi di cancro.

“Conviene intervenire sulle recenti notizie rimbalzate con incompetenza sulla stampa circa l’entità del rischio di cancro derivante dal consumo di carne rossa.
La consapevolezza crescente che il consumo esagerato di salumi e carni rosse tipico delle società occidentali aumenta il rischio delle patologie croniche che affliggono, appunto, le società occidentali, come l’obesità, il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiache e il cancro, preoccupa molto l’industria della carne e degli allevamenti bovini intensivi.  L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che valuta il rischio cancerogeno per l’uomo delle sostanze chimiche e dei processi produttivi, ha classificato il consumo di carni lavorate (insaccati, prosciutti, würstel, carni in scatola, hamburger) come cancerogeno e il consumo di carni rosse (bovine, suine, ovine, equine) come probabilmente cancerogeno, soprattutto per l’intestino. Considerando complessivamente tutti gli studi epidemiologici, la IARC ha stimato che il rischio di ammalarsi di tumori intestinali aumenta del 18% per ogni 100 grammi di carni rosse e per ogni 50 grammi di carni conservate consumate al giorno. Per 200 grammi di carne al giorno il rischio sale, quindi, a circa il 40% in più rispetto a chi non magia carne, e così via. È ragionevole ipotizzare che il rischio vero sia più alto, perché gli studi sono basati su questionari alimentari, che inevitabilmente contengono errori che causano una sottostima del rischio. Lo studio EPIC, che monitora 500.000 persone in 10 paesi europei, con un’attenta correzione degli errori dei questionari alimentari ha stimato che con un consumo di 200 grammi al giorno di carni ( rosse o lavorate ) il rischio di cancro dell’intestino è circa doppio rispetto a chi non ne mangia.
Recentemente sono comparsi una serie di articoli che considerando gli stessi studi giungono alla conclusione che non ci sarebbe ragione di raccomandare di ridurre il consumo di salumi e carni rosse. Una festa per l’industria della carne in questi tempi di crisi.  Questi articoli esprimono i risultati in modo diverso (quanti casi in meno ci sarebbero se si consumassero tre porzioni di carne in meno alla settimana) ma sostanzialmente confermano che chi mangia carne rossa si ammala significativamente di più. Perché dunque concludono che va bene così? In base a due considerazioni, una logicamente sbagliata e l’altra, pur rispettabile, che non ha nulla a che fare con la scienza.
La prima si basa sul confronto degli studi sul rischio da carne e degli studi sul rischio complessivo da dieta occidentale, tipicamente caratterizzata da tanta carne, zuccheri, farine raffinate e da poche fibre, verdure e frutta. Se la carne fosse la causa  del rischio associato allo stile alimentare occidentale, considerano gli autori, gli studi dovrebbero mostrare che il rischio che si misura negli studi  sulla carne dovrebbe essere superiore a quello che si misura considerando lo stile alimentare occidentale complessivo, mentre in realtà è il contrario, quindi non dobbiamo preoccuparci della carne. Sillogismo sbagliato, perché le cause del cancro sono in realtà una combinazione di più fattori: nei nostri studi, ad esempio, chi mangia carne e anche tante verdure e fibre si ammala meno di chi mangia tanta carne e poche fibre, verosimilmente perché il ferro della carne rossa è molto ossidante e catalizza la sintesi nell’intestino di sostanze cancerogene, mentre le verdure e i cereali integrali contengono sostanze antiossidanti che impediscono queste reazioni. Una volta che una cellula cancerosa si è sviluppata, inoltre, perché proceda a generare un cancro ha bisogno di molto glucosio, quindi è favorita dalla glicemia alta, a sua volta dipendente dalla dieta occidentale (troppi zuccheri e farine raffinate). È logico, quindi, che chi ha più fattori di rischio si ammali di più.  Difficile pensare che eminenti esperti di dieta e cancro cadano in questo errore logico ingenuamente.
La seconda considerazione degli autori è che molte persone amano la carne e pensano che faccia bene, per cui soffrirebbero della raccomandazione di ridurne il consumo, sofferenza che non sarebbe compensata dal “piccolo” aumento del rischio di cancro e di altre malattie. Questione di gusti!
Gli autori di questi articoli continuano criticando le analisi precedenti perché non avrebbero preso in considerazione eventuali conflitti  di interesse dei ricercatori, mentre loro hanno escluso dal gruppo di studio chiunque avesse avuto rapporti con l’industria della carne negli ultimi tre anni.
Dovremmo quindi fidarci che le loro intenzioni sono oneste?
Meglio attenersi alle raccomandazioni del Codice Europeo Contro il Cancro: evitare le carni lavorate e limitare il consumo di carni rosse”.
Franco Berrino