Allarme rosso?

Nella medicina tradizionale cinese le carni sono considerate gli alimenti tonificanti per eccellenza, tonificano il Qi e nutrono il sangue; sono considerate particolarmente efficaci in chi ha malattie debilitanti, ma devono essere assunte con moderazione perché essendo toniche creano facilmente eccessi, stasi; una persona sana dovrebbe assumerne solo saltuariamente.

Anche nella nostra tradizione medica le carni erano raccomandate, in tempi in cui il loro consumo era eccezionale (praticamente fino alla metà del secolo scorso), a chi doveva superare una malattia. Poi, nella  seconda metà del secolo, il consumo di carne è cresciuto fino a minacciare seriamente la salute dell’uomo e del pianeta.

A fine ottobre del 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità annuncia di aver classificato il consumo di carni conservate come cancerogeno per l’uomo e il consumo di carni rosse come probabilmente cancerogeno per l’uomo.

La notizia è stata presa molto male in ambienti economici, sanitari e giornalistici. I titoli in prima pagina riflettono ignoranza e informazione distorta da conflitti di interesse.

  • La Stampa: “Carne rossa e insaccati, l’allarme dell’OMS”.

In realtà l’OMS non lancia nessun allarme: la IARC da 40 anni convoca gruppi di lavoro costituiti da esperti indipendenti (epidemiologi, tossicologi, chimici, cancerologi sperimentali) per valutare se specifiche sostanze o virus o prodotti industriali provocano il cancro nell’uomo e pubblica le valutazioni nelle Monografie sul rischio cancerogeno per l’uomo delle sostanze chimiche. La scelta delle sostanze da valutare dipende dalla disponibilità di studi. Avendo valutato che erano disponibili studi sufficienti per una valutazione, lo scorso anno la IARC ha deciso di includere le carni rosse e le carni lavorate nel programma delle monografie. Che le carni rosse fossero associate a un maggior rischio di cancro era cosa ben nota a medici, istituzioni sanitarie, e anche ai giornalisti e ai cittadini attenti. Chi si è allarmato è solo chi si è reso conto che non si può più fare finta di niente.

  • La repubblica: “L’OMS lancia l’allarme cancro”, e poi in seconda pagina: “La guerra dell’OMS a salsicce e salumi, provocano il cancro come le sigarette, gli oncologi frenano”.
  • Il Corriere: “L’allarme sulla carne che divide gli oncologi”.

Questi titoli ricordano quelli che anni fa accompagnavano gli articoli sul tabacco: “controversie sul rischio da sigarette”. All’industria non interessa negare, sarebbe controproducente negare l’evidenza, all’industria interessa insinuare che ci sono pareri contrastanti anche fra gli scienziati e gli esperti, in modo che il lettore non competente possa scegliere dove stare, e in genere si sceglie dove fa più comodo.

  • Il Giornale: “Carne e salami cancerogeni: così la bufala è servita”.

Qualunque cosa contenga l’articolo con questo titolo è un contributo alla confusione che favorisce l’industria più deteriore.

  • Un titolo giusto avrebbe potuto essere: “L’OMS conferma che il consumo di salumi e di carni rosse aumenta il rischio di cancro”. Non si tratta di informazione nuova, ma l’autorevolezza del giudizio impone alle autorità di salute pubblica di prendere provvedimenti.

Il ministro della salute annuncia: “abbiamo attivato il comitato nazionale per la sicurezza alimentare perché fornisca un parere”, e il presidente del comitato dichiara: “hanno elaborato un rapporto che si basa su indicazioni di abitudini alimentari anglosassoni in cui non è contemplata la dieta mediterranea… mangiano davvero malissimo e infatti l’incidenza del tumore al colon è il doppio di quello che è registrato in Italia… non fa male la carne o la salsiccia, sono le tecniche di cottura a creare problemi, l’altissima temperatura con cui friggono tutto. E poi i contorni grassi.” Che il problema sia anche italiano il presidente dovrebbe saperlo: già 25 anni fa un grande studio condotto in Italia riscontrava un’associazione significativa del cancro dello stomaco con il consumo di salumi, nonchè di nitriti e di proteine, mentre una dieta ricca di vitamina C, di verdure e di olio di oliva era protettiva (Buiatti E 1989 Int J Cancer 44:611).

Il cancro dello stomaco è significativamente più frequente in Italia, specie in Emilia, Toscana e Umbria dove è più radicata la tradizione dei salumi, che in nord Europa. Il cancro dell’intestino era meno frequente in Italia che in nord Europa 40 anni fa, quando c’era ancora l’effetto della dieta mediterranea tradizionale, oggi non c’è più differenza. I tumori dell’intestino sono i tumori più frequenti in Italia e sono il secondo tumore in ordine di frequenza in Europa, dopo il cancro della mammella.

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità dichiara: “È una forzatura mettere la carne accanto alle sostanze cancerogene, … e conclude: un hot dog ogni tanto non ammazza nessuno.” Non c’è alcuna forzatura: il criterio della IARC è qualitativo, se ci sono prove solide che un prodotto causa tumori nell’uomo va classificato in classe I, cancerogeno per l’uomo, poi possiamo specificare se è più o meno pericoloso di altri prodotti. Le carni rosse e le carni conservate verosimilmente sono responsabili di un numero di tumori 10 volte inferiore rispetto a quanti ne sono causati dal tabacco. Ciò non toglie che siano cancerogene. Il presidente dell’associazione italiana di oncologia medica si esprime  dicendo che “è una questione di quantità e non esiste una soglia di esposizione oltre la quale ci si ammala sicuramente.” Sorprendente: caro presidente, di nessuna sostanza cancerogena si conosce una dose oltre la quale tutti ci ammaliamo. Anche fra i forti fumatori c’è chi non si ammala. Il ministro delle politiche agricole invita a ” non generalizzare e cadere in allarmismi, mentre dobbiamo portare avanti il lavoro di educazione alimentare portato avanti nei sei mesi dell’Expo” (Il Messaggero). Si riferisce forse ai salumi Beretta, alle patatine San Carlo, a McDonalds e Coca-cola, tutti con ruoli importanti all’EXPO. Ma possibile che non ce ne sia uno che dica OK rimbocchiamoci le maniche e vediamo come possiamo ridurre il consumo di salumi, renderli meno pericolosi, e rivedere le indicazioni ministeriali per la ristorazione collettiva, tuttora anacronisticamente centrate sulle carni. Solo il professor Veronesi suggerisce di ripensare le indicazioni per la ristorazione scolastica (La Stampa).

Tutti invitano alla dieta mediterranea, definita tuttavia in modo insolito: “La carne rossa si può mangiare tranquillamente due volte alla settimana, così come le uova, il prosciutto, il formaggio. Tutto di origine animale. Poi ovviamente si deve aggiungere verdura, frutta,legumi e pasta. In questo modo abbiamo creato la dieta mediterranea, la migliore del mondo” ( sempre il presidente del comitato nazionale per la sicurezza alimentare). “Noi promuoviamo la dieta mediterranea- dice il ministro della salute- dieta corretta dal punto di vista dei nutrienti che include la carne rossa che va però scelta sempre fresca”. Il presidente di Assica, l’associazione degli industriali delle carni e dei salumi: “oggi la carne è più magra e con più proteine…il consumo di carne fa parte della dieta mediterranea e nell’ambito di una dieta equilibrata non fa male”.

No cari amici, la dieta mediterranea tradizionale, quella definita patrimonio immateriale dell’Umanità, non comprendeva le carni, se non in via molto eccezionale. Rileggetevi il libro di chi per primo ha descritto la dieta mediterranea e ne ha coniato il nome: Ancel Keys, Eat well and live longer with the mediterranean diet! Giustamente il ministro della salute rammenta che “il problema è che negli anni abbiamo dimenticato la nostra tradizione e tendiamo a mangiare sempre più cibi processati” (Il messaggero).

Ecco, appunto, abbiamo dimenticato la dieta mediterranea tradizionale e abbiamo inventato piramidi farlocche tipo la Nuova dieta mediterranea moderna che prevede carni rosse fino a due volte alla settimana e carni conservate una volta alla settimana, carni bianche due volte, uova tre volte alla settimana e latticini 2-3 volte al giorno!

Il Sole 24h riporta che la decisione dell’OMS sarebbe stata dettata da recentissime ricerche che hanno riscontrato che un certo zucchero presente nelle carni di tutti i mammiferi ma non dell’uomo (il Neu5Gc) causa, quando lo ingeriamo, la formazione di anticorpi che reagendo con lo zucchero inducono infiammazione e quindi potrebbero favorire lo sviluppo del cancro.  Ipotesi interessante, ma, vi assicuro, non c’entra niente con la decisione dell’OMS/IARC.

Gli studi che hanno convinto il gruppo di lavoro IARC a classificare come cancerogene le carni conservate e come probabilmente cancerogene le carni rosse datano da ben prima.

  • Gli epidemiologi dell’università di Harvard fin dai primi anni ’90 avevano mostrato che il consumo quotidiano di carne bovina o suina o ovina è associato a un rischio di cancro dell’intestino circa tre volte più alto rispetto a chi ne mangia meno di una volta al mese (Willett WC 1990 New Engl J Med 323:1664; Giovannucci E 1994 Cancer Res 54:2390).
  • Nel 2005 i risultati del nostro grande studio EPIC (500.000 persone reclutate nei primi anni ’90 in 10 paesi europei) confermarono l’associazione, più marcata per le carni conservate, con un rischio del 20-30% in più per i consumatori abituali rispetto ai non consumatori/consumatori occasionali (Norat T 2005 J Natl Cancer Inst 97:906). Correggendo per gli inevitabili errori di misura dei diversi questionari alimentari dei diversi paesi si stimò che il consumo quotidiano di 200 grammi di carne rossa (fresca o conservata) circa raddoppia il rischio di cancro colorettale rispetto a un consumo occasionale.
  • Nel 2007 il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (WCRF), dopo una revisione sistematica di tutti gli studi su alimentazione e tumori, concluse che c’erano prove convincenti che il consumo di carni rosse e conservate aumenta il rischio di cancro dell’intestino, e prove limitate (limited evidence) di un aumentato rischio di cancro dell’esofago, dello stomaco, del pancreas, del polmone, dell’endometrio e della prostata.
  • Nel 2011 un aggiornamento del WCRF con gli studi pubblicati successivamente concluse che le prove di cancerogenicità per l’intestino erano rafforzate.

Le carni rosse contribuiscono a causare il cancro dell’intestino attraverso vari meccanismi: molto si è discusso delle amine eterocicliche e idrocarburi aromatici policiclici che si formano nella cottura della carne ad alte temperature o nella cottura prolungata; sono sostanze chiaramente cancerogene per l’intestino e per altri organi in sistemi sperimentali, ma a dosi molto alte, difficilmente raggiungibili nell’uomo; effettivamente alcuni studi hanno riscontrato un maggior rischio in chi consuma abitualmente carni molto cotte, ma altri studi non hanno confermato l’associazione. Un meccanismo più importante è quello della formazione di n-nitrosocomposti (le nitrosamine) catalizzata dalla presenza del Ferro-eme, il ferro dell’emoglobina e della mioglobina dei muscoli, 10 volte più concentrato nelle carni rosse che nelle bianche. Le carni conservate con l’aggiunta di nitriti contengono già nitrosamine e il Fe-eme nitrosilato delle carni trattate con nitriti è più efficace nell’indurre la sintesi di nitrosamine.  Ammine eterocicliche e idrocarburi aromatici cancerogeni si formano anche, anzi di più, nella cottura delle carni bianche, il cui consumo non è stato mai associato al cancro dell’intestino, per cui il meccanismo più probabile è quello dovuto alla presenza di Fe-eme. Il Fe-eme, inoltre, induce la formazione di perossidi lipidici, che a loro volta producono un’altra sostanza mutagena, la malonildialdeide. È interessante che la produzione di nitrosamine da parte del Fe-eme è inibita dalla clorofilla, dalle vitamine C e E, antiossidanti, e dal calcio, mentre la formazione di perossidi lipidici è inibita da vari polifenoli presenti in frutta e verdura (Bastide NM 2011 Cancer Prev Res 4:177). Se si mangia carne rossa, quindi, è consigliabile avere nello stesso piatto molte verdure, in particolare verdure ricche di calcio, e altre fonti di vitamina C (frutta) e E (cereali integrali, olio ev di oliva). Nello studio EPIC troviamo effettivamente che il consumo di carni rosse in chi ha una dieta ricca di fibre vegetali non è che minimamente associato ad una maggiore incidenza di cancro dell’intestino.

  • Gli studi di coorte pubblicati dopo l’aggiornamento del WCRF hanno confermato l’associazione statisticamente significativa del consumo di carne rossa con la successiva insorgenza di tumori intestinali: negli stati Uniti la coorte AARP (Cross AJ 2010 Cancer Res 70:2406) con 566.000 persone reclutate nel 1995-1996 e e la coorte PLCO (Cross AJ 2011 Cancer Prev Res 4:1465), con 155.000 persone reclutate fra il 1993 e il 2001, hanno riscontrato, nel 20% delle persone che consumano più carne rossa e conservata un rischio del 24% e, rispettivamente, del 35% più alto di ammalarsi rispetto al 20% che ne consuma di meno. La coorte norvegese NOWAC, di 88.000 donne, ha riscontrato rischi circa doppi di cancro colorettale per un consumo di 60 o più grammi al giorno di carni lavorate rispetto a un consumo inferiore a 15 grammi (Parr CL 2013 Int J Cancer 133:1153). Anche in Giappone, dove il consumo di carni rosse è inferiore che in occidente, uno studio su 80.000 persone ha riscontrato che chi ne consuma circa un etto al giorno aumenta il suo rischio di quasi il 50% rispetto a chi ne consuma meno di 15 grammi (Takachi R 2011 Asian Pacific J Clin Nutr 20:603).
  • Nel 2014 è stato annunciato il Codice Europeo Contro il Cancro, redatto da un gruppo di lavoro IARC per conto della Commissione europea, ben noto al nostro ministero della salute, che lo ha subito postato sul suo sito. Il codice riprende la raccomandazione del WCRF di limitare il consumo di carni rosse e di evitare le carni conservate. Niente di nuovo dunque.

Il gruppo di lavoro IARC, considerando complessivamente tutti gli studi, conclude che il consumo di una piccola porzione al giorno di carne rossa (100 grammi di carne fresca o 50 grammi di salumi) comporta un aumento di rischio del 17-18%. Si tratta in realtà di sottostime, perchè gli studi sono basati su questionari sulle abitudini alimentari la cui accuratezza è modesta. Se si studia il tabacco tutti sanno dire quante sigarette fumano al giorno, ma se si indaga sul consumo di carne occorre tener conto delle varie forme con cui la carne compare nella dieta, bistecche, arrosti, hamburger, polpette, ragù, tortellini, lasagne… e la gente non sa dire con precisione quanti grammi di carne ci sono nella sua porzione abituale. È inevitabile che si facciano errori, e gli errori, ad esempio se si classifica forte consumatore un consumatore medio o viceversa, hanno come effetto di sottostimare il rischio. Supponiamo che una porzione aumenti il rischio di circa il 25%. Cosa significa in pratica? Fra chi non mangia carni rosse circa 4 persone su cento si ammalano di cancro dell’intestino nel corso della vita, se tutti ne mangiassero una porzione al giorno se ne ammalerebbero 5 su 100, con due porzioni al giorno 6 su cento, con tre ( ad esempio una bistecca di 200 grammi e un panino con il salame) 7 su cento, e così via. Molte persone mangiano carni rosse e salumi tutti i giorni, le offriamo anche ai malati ricoverati in ospedale, dando implicitamente il messaggio che facciano bene.

Il problema delle carni rosse non è solo il cancro. Le carni rosse aumentano anche il rischio di malattie di cuore. Fra gli studi più importanti ci sono quelli dell’università di Harvard, che seguono da oltre 30 anni 120.000 persone che ogni qualche anno compilano un questionario sul loro consumo alimentare. Per ogni porzione di carne rossa consumata al giorno il rischio di morire per una malattia cardiaca aumenta del 13% . Una porzione al giorno di carne lavorata, ad esempio un hot dog, aumenta il rischio del 20%. Una dieta ricca di proteine e grassi di origine vegetale, al contrario, ha dimostrato di contrastare ipertensione e dislipidemie, i due principali fattori di rischio per le malattie di cuore. Il consumo di carni rosse e conservate, inoltre, aumenta il rischio di diabete, del 12 e del 32% rispettivamente, per ogni porzione in più al giorno. È sufficiente sostituire una porzione di carne rossa con una porzione di legumi o di semi oleaginosi per ridurre il rischio. Anche il rischio di diventare obesi si riduce significativamente traendo le proteine da legumi e noci invece che da carni rosse (hsph.harvard.edu/nutritionsource/protein).

Mangiamo troppa carne, mangiamo circa il doppio delle proteine di cui abbiamo bisogno! Difficilmente i singoli governi riusciranno a promuovere iniziative che facciano ridurre i consumi. Forse la crescente pressione internazionale circa il disastro ecologico che si prospetta con il continuo aumento della produzione di carne smuoverà qualche politico, ma intanto impegnamoci a diffondere la conoscenza e ad aumentare la consapevolezza dei cittadini. Iniziamo dalle scuole, chiediamo che le mense scolastiche siano coerenti con le conoscenze scientifiche, coinvolgiamo studenti, genitori, insegnanti, cuochi a considerare le raccomandazioni del Codice Europeo Contro il Cancro.